Miniere, piantagioni e produzione di cellulosa. Sulla base di questa ricetta, la Vale dà la scalata ai "certificati verdi" e prepara il lancio di un fondo di investimento in partecipazioni (FIP) per creare una società “SPE - special purpose entity" incaricata di gestire le attività dell'impresa, nel settore forestale.
Il guppo minerario Val, denominazione attuale della compagnia mineraria brasiliana Vale do Rio Doce, creato ai tempi della dittatura di Getulio Vargas, è tutt'oggi uno dei colossi minerari , con interessi che vanno dall'America Latina, all'Africa. Già dagli anni sessanta la Vale ha avviato una strategia di diversificazione produttiva, con progetti di riforestazione produttiva, prevalentemente a base di eucalipti, finalizzati alla produzione di cellulosa e carta.

Allo scopo il governo militare da poco insediatosi, aveva approvato forti incentivi, con una legge voluta dallo stesso manager dell'azienda (legge n. 5.1067, del 02/09/66).

Divenuta una delle più grandi imprese minerarie del mondo, la Vale è stata privatizzata, ma conta ancora del sostegno del governo brasiliano, nelle proprie attività in Brasile e all'estero. Nel frattempo il gruppo ha trovato un modo per sposare l'attività mineraria con quella forestale: mentre si assicura un output produttivo di legname da vendere alla Suzano Papel e Celulose (con un contratto ventennale per la produzione 1,3 milioni di tonnellate annue di cellulosa in un impianto ancora da costruire in Maranhao), la Vale conta di pareggiare le emissioni di CO2 delle proprie acciaierie un Parà e Maranhão, ed eventualmente a vendere crediti di carbonio a terzi.

Lo fa sapere Valor Econômico: la strategia per il nuovo fondo si basa sul progetto “Vale Florestar”, avviato nel 2007. L'iniziativa mira a ripristinare le aree degradate dai pascoli a sud-ovest del Pará attraverso piantagioni industriali di eucalipto e la ricostituzione del bosco con specie native su 300.00 ettari, entro il 2015.

Il Direttore del settore Ambiente e Sviluppo Sostenibile di Vale Luiz Cláudio Castro, ha annunciato un ampio programma di conversione del debito ecologico per gli acquirenti di materie prime della Vale, attraverso un "bonus ambientale". La formula della società è "scambiare" la devastazione della foresta, causata principalmente dalle acciaierie nel Parà e nel Maranhão, con un impegno di "regolarizzazione ambientale".

Il fondo, ancora in fase di capitalizzazione, comprende già una quota dei fondi pensione dei funzionari della Petrobras (Petros) e della Cassa di Risparmio Federale (Funcef), oltre a contributi della Banca Nazionale di Sviluppo Economico e Sociale (BNDES). Luiz Claudio Castro, ha annunciato che il fondo ha già raccolto 420 milioni di Reais. Vale ne ha investito 280 milioni e ha già stanziato altre risorse per garantire un nuovo contributo nel FIP. "Siamo entrati perché abbiamo fatto i conti e sarà un grande business, ora e nel futuro", ha detto Castro a Valor (rivista). Il tasso minimo di rendimento del nuovo fondo sarà del 12% all'anno. L'esperienza, prima del suo genere nel paese, dove essere replicata da Vale, compresa la partecipazione di investitori stranieri.
Castro ha già fatto visita al quartier generale della Banca Interamericana di Sviluppo (IDB), a Washington, per sondare nuovi partner potenziali.

Diverse associazioni ambientaliste del brasile, a cominciare da Friends of the Earth, hanno fortemente criticato l'espansione della monocoltura di eucalipto. Anche nelle aree già degradate, le grandi estensioni di alberi a rapida crescita, provocano gravi dissesti nella composizione biochimica dei suoli e causano l'esaurimento delle falde acquifere. In sostanza, scambiare la distruzione della foresta amazzonica con l'avvio di nuove piantagioni è vantaggiosa dal punto di vista economico, ma non ha senso sul piano ambientale. Riferendosi alla produzione di legname di eucalipto, il Direttore si mostra ottimista "Produzione e vendita sono assicurate. È un business che va oltre ogni garanzia". Difficile dargli torto: la vendita dei profitti forestali derivanti da 84700 ettari ha di produzione, ha permesso alla compagnia di guadagnare 235 milioni di Reais.

La creazione della strategia FIP integra la strategia di impegno ambientale della Vale in Amazzonia nel contribuire a ristabilire la copertura vegetale nella regione di Paragominas, Ulianópolis, Dom Eliseu e Rondon do Pará, che si trovano sull'asse dell'autostrada Belém-Brasilia. Il progetto prevede l'impianto di 56 mila ettari già affittati agli allevatori di 27 aziende agricole. "È un affare anche per gli allevatori", afferma Castro. Per l'affitto della terra, gli agricoltori dovrebbero ricevere fino a 480 Reais per ettaro all'anno, nel corso del periodo, rispetto ai 140 Reais per ettaro che - secondo i calcoli di Vale - produce oggi l'allevamento. Va precisato però che la rendita per ettaro dell'allevamento bovino è così bassa solo nel caso di allevamento estensivo, attualmente i fazendeiros stanno imparando a concentrare l'uso della terra, con rendimenti raddoppiati o triplicati.

Meno ottimista il parere di Diego Florian, della Campagna Justiça nos trilhos: Vale continua a "sverdire" la sua immagine con campagne propagandistiche sulla sostenibilità e gli impatti positivi dei propri investimenti industriali e compensativi. Non accetta però gli inviti a predisporre dei seri piani di investimento per lo sviluppo delle comunità locali colpite dagli impatti della sua vastissima rete operativa". A richiederli sono sempre più gruppi organizzati della società civile brasiliana e di altri paesi in cui Vale è presente con le sue miniere e gli impianti siderurgici. Lo stesso Governo federale brasiliano ha sollevato (timide) critiche sulla politica di investimenti adottata dall'impresa ormai transnazionale e quasi-monopolistica. "Non solo lontani i tempi in cui la produzione di carbone vegetale nelle monocolture di eucalipto, per la produzione dell'acciaio, generava - proprio in Brasile - meccanismi di lavoro schiavo, dobbiamo vigilare perchè ciò non avvenga nuovamente" continua Diego Florian.

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