L'accademia Kronos scrive a Marrazzo: "Sarebbe un crimine contro la biodiversità" "No ai castagni da frutto sui Cimini"
Dal 1970 ad oggi movimenti ambientalisti, intellettuali viterbesi e amministratori illuminati, hanno sempre cercato di respingere i vari tentativi di distruzione della natura sui Cimini. Dall’apertura di una miniera a cielo aperto, a strade di nessuna utilità a lottizzazioni dentro i boschi, hanno rappresentato una serie di successi a favore della natura dei Cimini. Purtroppo alcune battaglie si sono perse, come quelle di bloccare ripetitori che hanno stravolto il profilo dei monti e colture di alberi da frutto in sostituzione di cerri e faggi. Tutto sommato però parte della famosa “Selva Cimina” di etrusca memoria è giunta fino ai giorni nostri quasi indenne.

I monti Cimino, Venere e Fogliano con i loro preziosi paesaggi sono stati dichiarati “Siti di interesse comunitario” e fanno parte della rete ecologica europea Natura 2000. Il connubio tra caratteristiche orogenentiche e vegetazione (boschi d’alto fusto e cedui invecchiati) ha garantito la sopravvivenza di numerose specie animali: roditori, rapaci, chirotteri, ungulati, mustelidi e tra i carnivori, il lupo segnalato sporadicamente sui Monti Cimini.

 

Ricca è la fauna della Riserva naturale del Lago di Vico. Il territorio della riserva copre in buona parte la cinta del vulcano vicano, il Monte Venere, parte del bacino lacustre ed il Monte Fogliano. La caldera del Lago è notoriamente ricca di un aviofauna di grande interesse. Folaghe, aironi cinerini ma anche alzavole e germani possono essere osservati da postazioni dislocate lungo il margine lacustre, predisposte dalla direzione della Riserva Naturale per gli appassionati di birdwatching e per tutti coloro i quali siano sensibili ad un turismo di tipo naturalistico-scientifico.


Ora però una nuova minaccia, più sottile e devastante si profila all’orizzonte. La conversione del castagneto ceduo (macchia) a castagneto da frutto. E' stata richiesta l'autorizzazione alla conversione del castagneto ceduo (macchia) a castagneto da frutto su tutto il comprensorio dei Cimini. Se tale autorizzazione fosse concessa sarebbe un evento di una devastazione inimmaginabile. Le macchie di castagno distribuite lungo scarpate, declivi collinari difficili da coltivare sia nel passato che ai giorni nostri, hanno sempre rappresentato una inconfondibile garanzia di stabilità dei terreni da frane e smottamenti, nonché una distribuzione omogenea delle acque meteoriche. Trasformare i selvatici in castagni da frutto vorrà dire: sfoltire drasticamente la macchia, distruggere il sottobosco, costruire strade di servizio, creare spazi dove le macchine raccoglitrici possano muoversi tranquillamente, insomma uno stravolgimento profondo dei boschi naturali dei Cimini, un crimine contro la natura e la sua biodiversità, una responsabile riduzione dell’assorbimento del CO2 che è uno dei gas serra che sta modificando il clima del pianeta.

L’autorizzazione alla conversione del castagneto ceduo (macchia) a castagneto da frutto sui territori dei monti Cimini, è stata sempre saggiamente negata dalle varie amministrazioni regionali. Perché oggi riemerge questa richiesta? Sono forse cambiate le ragioni ostative? Quali interessi di pochi a danno di tutti ci sono sotto? Accademia Kronos ha intanto invitato l’Assessore regionale all’Ambiente Angelo Bonelli e il Presidente Marrazzo ad intervenire con decisione su questa delicata situazione.

 

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