Secondo l'ITTO, il mercato dei tronchi e dei segati dall'Africa centrale e occidentale, è rimasto stabile in novembre, sia nei prezzi che nei volumi trattati. Problemi di fornitura per i produttori malesi incrementeranno probabilmente la domanda verso i paesi africani. India e Cina prevedono una crescita nella domanda interna, che si tradurrà in importazioni dall'Africa. Intanto, i produttori del Gabon (prevalentemente cinesi e italiani) stanno faceno pressione sul governo affinchè allenti il bando sull'esportazione dei tronchi grezzi.


Il commercio totale di legname tropicale e prodotti a base di legno provenienti dai paesi tropicali e dalla Cina è valutato attorno ai 44 miliardi dollari per il 2008. La Cina da sola rappresenta un 47% del totale, seguita da Malesia, Indonesia, Brasile e Thailandia. Ma se si prendono in esame solo i prodotti emilavorati come i tronchi, i segati, le impiallacciature e il compensato, i principali esportatori sono Thailandia, Malesia, Papua Nuova Guinea, Cambogia, Repubblica Democratica del Congo, Gabon e Myanmar (Birmania).

La dipendenza da mercati 'sensibili' con Unione Europea, Stati Uniti e Giappone è più elevato in Filippine, Messico, Liberia e Camerun (dove copre oltre l'80% del valore totale delle esportazioni), e minore per Cina, Brasile, Repubblica Democratica del Congo, Indonesia, India, Costa d'Avorio e Bolivia (dove copre comunque oltre il 60%).
A livello regionale, i paesi sviluppati avranno il maggiore impatto diretto in Africa a causa della forte dipendenza dei produttori di tale continente sulle esportazioni verso l'Unione Europea (il 53% del valore totale delle esportazioni). La recente modifica del Lacey Act negli Stati Uniti rischia di esercitare invece un forte impatto in America Latina, dove la quota del totale delle esportazioni regionali degli Stati Uniti  raggiunge il 39%, anche se il commercio intra-regionale è più importante di quanto lo sia in Africa. Gli Stati Uniti acquistano un quarto del totale delle esportazioni di legni tropicali dell'Asia, seguiti dall'Unione Europea (21%) e dal Giappone (15%), mentre il resto del commercio segue percorsi intra-regionali.

 

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