La fiera internazionale della carta Paperworld, che si tiene in questi giorni a Francoforte, ha visto la presentazione dello schema di certificazione Indonesian Ecolabelling Institute (LEI). Mentre il LEI presenta sé stesso come "motore verso la produzione sostenibile della carta in Indonesia", una ampia coalizione di associazioni indonesine diffonde una dichiarazione che denuncia le pratiche insostenibili del gigante cartario Asia Pulp and Paper (APP) proprio nella piantagione della sussidiaria PT Wirakarya Sakti (WKS), recentemente certificata dall'Indonesian Ecolabelling Institute (LEI) come piantagione sostenibile.

"Il LEI è l'unico ente di certificazione in grado di comprendere a fondo il tema della sostenibilità in Indonesia. In quanto tale, il LEI ha lavorato assieme agli enti di certificazione già esistenti èer sviluppare standard rigorosi per l'industria cartaria" ha dichiarato Agung Prasetyo, direttore del LEI. La dichiarazione, diffusa da un comunicato della APP, è smentita dalle associazioni: "Questa certificazione non è credibile né trasparente" sostengono, e le opinioni della società civile, delle associazioni ambientaliste e delle comunità coinvolte sono state ignorate. La concessione della APP di Wirakarya Sakti ha raso al suolo negli ultimi due anni 48.000 ettari di foresta pluviale, mentre il permesso detenuto dall'impresa non prevede l'abbattimento di foreste naturali, e le piantagioni dovrebbero essere stabilite, ai sensi della legge, esclusivamente in aree degradate. In aggiunta, le torbiere sono protette da decreto presidenziale. Ma la APP ha trasformato in piantagione il 70 per cento delle trobiere incluse nell'area.


L'aria delle operazioni è abitata da 10.000 persone, tra cui 500 Orang Rimba, popolo di foresta che conduce una vita nomadica, e vive esclusivamente di prodotti forestali. Le operazioni della APP nella zona sono state caratterizzate da aspri conflitti con le popolazioni locali. Lo schema di certificazione LEI prevede la legalità delle operazioni, il rispetto degli ecosistemi e il monitoraggio dei possibili impatti sociali. Tutte prerogative chiaramente violate dalla APP, che però ha visto la propria piantagione certificata come "responsabile" sotto lo schema LEI.

 

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