Difendere l’ambiente e la legalità può costare anche la vita. In Cambogia Chut Wutty, noto ambientalista e direttore dell’associazione Natural Resource Protection Group, è stato ucciso a un posto di blocco della polizia cambogiana nella provincia di Koh Kong, vicino al confine con la Thailandia, mentre accompagnava due giornalisti di Cambodia Daily per investigare sulla deforestazione illegale nell’area di una centrale idroelettrica costruita su progetto cinese. Salva le Foreste pubblicava poche settimane fa un lungo articolo del Phnom Penh Post, in cui Wutty denunciava le complicità del taglio illegale con le forze dell'ordine. Già allora la polizia sequestrò tutte le foto dei giornalisti del Phnom Penh Post, che documentavano il taglio illegale. Lo stesso copione si è ripetuto con il fatale esito.

I due giornalisti che erano con lui, un cambogiano e un canadese, sono stati arrestati dalla polizia per interrogatori e poi rilasciati. In una successiva dichiarazione riportata dalla Ap, il portavoce della polizia ha affermato che non ci saranno ulteriori indagini – come richiesto da diverse associazioni per i diritti umani - in quanto il poliziotto che ha sparato a Wutty, una volta che si è accorto di averlo ucciso, si è a sua volta suicidato. Per Amnesty International, Wutty era uno dei «pochi ambientalisti rimasti in Cambogia a denunciare i disboscamenti e la concessione delle terre in parchi e riserve naturali che stanno impoverendo gli abitanti e distruggendo l’ambiente». Inoltre aveva criticato la polizia cambogiana che «proteggeva gli interessi privati dei più ricchi».

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