Oltre 17.500 risposte al sondaggio avviato dall'agenzia agricola statunitense USDA, sul progetto di piantumazione di 250.000 eucalipti transgenici negli stati del sud. Un vero record di partecipazione. Tra tutte le risposte appena 39 si sono espresse in favore del progetto.
Il progetto prevedeva di piantumare alberi geneticamente manipolati allo scopo di resistere al freddo e di produrre più lignina. L'eucalipto, anche se non transgenico, comporta diversi impatti ambientali, quando è piantato al di fuori del suo habitat naturale: dall'inaridimento del suolo, che favorisce la deseritificazione e gli incendi, alla modifica della composizione chimico-fisica del terreno. La diffusione in campo aperto di un altissimo numero di alberi transgenici comporta il rischio aggiuntivo di contaminazione genetica. Le nuove piantagioni avrebbero avuto inoltre impatti negativi dal punto di vista del clima e avrebbero comportato un'elevato inquinamento chimico derivato dal massiccio impiego di pesticidi.

 

La ArborGen, un'impresa statunitense di bioenergia, con sussidiarie in Brasile, Nuova Zelanda e Australia. è il leader mondiale nella ricerca e commercializzazione di alberi transgenici, considerati come una commodity strategica nel campo dell'energia. "Gli alberi - dichiara il sito web  dell'impresa - sono la fonte più ricco e versatile fonte di materie prime rinnovabili al mondo". La ArborGen si è già vista rifiutare un simile permesso in Nuova Zelanda, e ha tentato quindi negli Stati Uniti.

La campagna Stop GE Trees è nata da una coalizione tra numerose associazioni, tra cui Global Justice Ecology Project, Sierra Club, Southern Forests Network, Dogwood Alliance, Forest Ethics, Forest Guild, GE Free Maine (now Food for Maine's Future), Institute for Social Ecology, Klamath-Siskyou Wildlands Center, Northwest Resistance Against Genetic Engineering, Canadian Biotechnology Action Network (CBAN) e Rainforest Action Network

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