Si chiama Essar, colosso indiano del settore energetico. Il progetto che sta portando avanti è una gigantesca centrale a carbone nello stato del Madya Pradesh, nell’India centrale. Per mandare avanti la centrale saranno necessari milioni di tonnellate di carbone, che si trova sotto le foreste di Mahan, un ricco habitat che rappresenta l’unica base di sostentamento per oltre 14.000 persone, distribuite in 14 villaggi. Ma gli abitanti della foresta di Mahan non si sono arresi, he anno creato un coordinamento per proteggere i propri diritti, il Mahan Sangharsh Samiti.

 Le proteste dei villaggi non sono state ascoltate dall’impresa, fino a quando un gruppo di attivisti di Greenpeace non ha scalato gli uffici della Essar a Mumbai. Una insolita alleanza tra attivisti ambientalisti urbani e comunità forestali, per dimostrare all’India del turbinoso sviluppo che non c’è futuro per il paese senza proteggere le foreste e le comunità che le abitano.

L’estrazione di carbone minaccia di avere impatti devastante sull’ambiente, e di far sparire specie vegetali in via di estinzione e gli animali a rischio. Gli alberi sono una delle ultime antiche foreste in Asia. Nella sua parte meridionale si trova una riserva della tigre, e la foresta stessa svolge una importante funzione di corridoio faunistico, unendo ecosistemi di regioni diverse. Questa foresta è il tassello fondamentale nel mosaico forestale che si estende tra gli stati di Chhattisgarth e Jharkhand, e se non sarà protetta, l’erosione si estenderà a macchia d’olio in tutta la regione.


Nel lungo periodo, le foreste sono una risorsa essenziale per il benessere ecologico e sociale dell’India. Migliaia di persone fanno traggono le loro risorse da foreste già destinate dal governo alla distruzione, e la loro capacità di sostentamento è minacciata da ingiunzioni di sfratto e documenti di esproprio. Il progetto minerario nella foresta di Mahan è parte di un modello di sviluppo che minaccia il futuro del paese.

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