Non si respira più in Sumatra e Borneo. Le provincie di Riau e Kalimantan sono prese d'assedio dai fuochi appiccati dai boss della carta e dell'olio di palma per estendere le porprie piantagioni. Spesso si tratta degli stessi gruppi industriali, come il potente Sinar Mas, che controlla le piantagioni di acacia e palma da olio.


La visibilità nella regione è oramai limitata a 30 metri, le scuole sono sbarrate, gli aeroporti chiusi, e la popolazione forzata a restare a casa, mentre il fumo provoca costanti malattie agli occhi e ai polmoni. Perfino negli stati limitrofi, Singapore e Malesia, le conseguenze delle fiamme sono seriamente problematiche.

Incendiare le aree appena deforestate, per farne piantagioni, sarebbe illegale. Ma la gran parte delle piantagioni viene oramai creata nelle foreste palustri, che si sviluppano su un suolo di metri e metri di torba. La torba non è un suolo fertile, e la sua acidità uccide le specie non autoctone (come la palma da olio e l'acacia), quindi, una volta drenata la torba, il fuoco è il metodo più economico per eliminare l'acidità del suolo, fertilizzarlo e eliminare possibili parassiti. Ma la torba è un fantastico combustibile, e una volta appiccato, l'incendio si propaga fuori da ogni controllo, spesso avanzando invisibile nel sottosuolo, e emergendo solo in presenza el legno di un albero secco.
Nell'isola di sumatra sono stati identificati 193 hotspot, di cui 111 nella sola provincia di Riau. Secondo Greenpeace, la privincia di Riau avrebbe perso il 65% delle proprie foreste naturali, nel corso degli ultimi 25 anni: da 6,6 a 2,8 milioni di ettari.

Nel frattempo, milioni di metri cubi di torba vanno in fumo, liberando altrettanto quantitativo di gas serra. La torba infatti è carbonio semi fossile, accumulato nelle foreste acquitrinose in millenni di fermentazione anerobica.

Mentre il Ministro delle Foreste (indagato per corruzione e complicità col taglio illegale) ha minimizzato gli effetti degli incendi, il centro studi statunitense Climate Prediction Center ha avvertito che potrebbe ripetersi quanto avvenuto nel 1997, quando gli incendi in Indonesia hanno provocato il catastrofico fenomeno chiamato El Niño, che ha prodotto siccità, tornado e alluvioni in tutta la fascia tropicale del pianeta.

Le foreste umide del Sud-est asiatico conservano nel suolo torboso circa 42.000 Megatonnelate di carbonio. of soil carbon.

Ma gli incendi sono solo la punta dell'iceberg. Una volta drenata, la torba subisce un processo di ossidazione anche senza gli effetti del fuoco, e le emissioni provovate dalla conversione in piantagioni sono il doppio o il triplo di quelle provocate dagli incendi. Dei 27 milioni di ettari di torbiere, 12 milioni (il 45%) sono già stati deforestati e drenati. Le emissioni di CO2 causate dagli incendi sono stimate attorno alle 1.400 megatonnellate annue, mentre quelle provenienti dalla conversione delle torbiere si aggirano tra le 355 e le 874 Megatonnellate annue.

Il 90% delle emissioni di CO2 dell'Indonesia proviene dalla conversione delle foreste torbiere in piantagioni, e per questa ragione l'Indonesia ha il terzo posto nella statistica delle emissioni globali di CO2, dopo Stati Uniti e Cina.

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