Un nuovo prestito di 27,5 milioni di dollari, per promuovere l'espansione delle piantagioni di olio di palma. Ai danni delle foreste. Si chiama "Small Holder Agriculture Development Project" (SADP) e è destinato a erodere ampie fette di una delle più ricche foreste tropicali. Il progetto, presentato come essenziale alla riduzione della povertà, rischia di avere l'effetto opposto, legando la vita i villaggi rurali alle fluttuazioni dei prezzi dell'olio di palma sui mercati internazionali.
La conversione delle foreste in piantagioni, oltre a drammatiche conseguenze per la biodiversità e per il clima, comporta inoltre un'altro fattore di impoverimento. Le gigantesche foreste della Nuova Guinea infatti, rappresentano una essenziale scorta di sopravvivenza, dove le popolazioni indigene, oltre a trovare i luoghi dei loro valori culturali, fanno ricorso alle risorse per compensare le annate di magro raccolto agricolo. Nelle foreste si trovano verdure, frutta, carboidrati, selvaggina, fibre e altri materiali. 
L'olio di palma è destinato a fornire un carburante in grado di sostituire i derivati del petrolio, ormai in via di esaurimento. L'estensione delle colture finalizzate a fornire carburanti di provenienza agricola, i cosiddetti biocarburanti sta provocando una improvvisa richiesta di terreni agricoli che si traduce in competizione con le colture ad uso alimentare, minacciando quindi la sicurezza alimentare, e in occupazione di nuovi terreni agricoli ai danni delle residue foreste pluviali.
Le consultazioni tenutesi Papua Nuova Guinea hanno evidenziato un scarso interesse da parte le comunità locali nelle piantagioni di palma da olio, e mostrato invece interesse verso colture miste, con integrazione tra foresta e piccoli orti, la cui produttività non è inferiore a quella delle piantagioni, senza però intaccare radicalmente i valori di biodiversità. Ma la Banca Mondiale tira dritto, e paradossalmente, un'ulteriore degrado delle foreste le consentirà di gestire nuovi fondi per riparare al danno. Si è già verificato con la Global Environmental Facility, si sta verificando con la corsa ai crediti di carbonio.
 
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