La domanda europea di biocarburanti sta provocando un nuovo "assalto alla terra" in Africa: oltre 5 milioni di ettari di terreno  acquisiti da imprese straniere per creare piantagioni in 11 paesi, secondo quanto riportato da un rapporto di Friends of the Earth. Le imprese europee ed asiatiche hanno ottenuto ampie estensioni di terra per la coltivazione di canna da zucchero, olio di palma e jatropha, tutte piante da cui ricavare biocarburanti. Questi contratti avranno un impatto pesante sulle residue foreste naturali, tolgono terreni alle colture alimentari e rischiano di generare conflitti con le comunità locali.


I biocarburanti vengono presentati come una fonte di energia rinnovabile in grado di fermare il cambiamento climantico, dato che le piante che li producono assorbono pià carbonio di quanto non ne venga rilasciato in atmosfera dal biodiesel. Ma a questo computo va aggiunto l'effetto di una eventuale deforestazione, mentre resta aperto il rischio di una diffusa crisi alimentare.

Tra i sostenitori dei biocarburanti, i ricercatori britannici de Britain's Imperial College, della CAMCO (specializzzata in commercio di crediti di carbonio), e del Forum for Agricultural Research in Africa (FARA), secondo cui l'espansione delle colture energetiche consentirebbe di aumentare gli investimenti in terreni e delle infrastrutture, e questo potrebbe avere un effetto positivo sulla produzione alimentare e, se gestita in modo adeguato non significa distruggere le foreste naturali.
Ma proprio l'aumento degli investimenti rischia di creare nuovi impatti: "L'espansione dei biocarburanti sta trasformando le foreste e la vegetazione naturale in colture energetiche, e sottrae terreno agricolo alle coltivazioni per uso alimentare, oltre a aumentare i conflitti con le popolazioni locali sulla proprietà terra", spiega Mariann Bassey, di Friends of the Earth della Nigeria.
Secondo il rapporto, il Kenya e l'Angola hanno ricevuto entrambe proposte per l'utilizzo di 500.000 ettari per i biocarburanti, mentre un piano analogo mira a impiegare 400.000 ettari in Benin per coltivazioni di palma da olio.
In Tanzania, i coltivatori di riso sono stati espulsi dalle proprie terre per fare posto a un progetto di coltivazione estensiva di canna da zucchero.
"La competizione per la terra e l'impiego di colture produzioni alimentari di base come il sorgo e manioca dolce per fabbricare agrocarburanti, rischia di far lievitare i prezzi di alimenti di base e dei terreni", spiega il rapporto.

 

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