Quasi quattro persone alla settimana sono state assassinate nel 2016, perché difendevano le loro foreste, i loro orti o i loro fiumi dalle compagnie dello sfruttamento forestale, minerario o agricolo. E’ quanto denuncia un rapporto di Global Witness pubblicato oggi. Oltre 200 persone sono state uccise nel 2016, con una crescita netta del fenomeno (rispetto alle 185 dell’anno precedente) e una diffusione sempre più estesa, con 24 paesi coinvolti, rispetto ai 16 segnalati nel 2015. Il rapporto riferisce la triplicazione degli omicidi in India, dove la brutalità della polizia è il principale fattore. L'America Latina resta la regione più colpita, con il 60% degli omicidi.


La difficoltà nel reperire informazione lascia però sospettare che il numero reale degli omicidi sia ben più alto. L'omicidio solo è la punta dell’iceberg di una ben più vasta serie di metodologie utilizzate per mettere a tacere i difensori delle terre comuni, che vanno dalle minacce di morte, agli arresti, alle violenze sessuali, ai rapimenti e alle azioni legali aggressive.

“Mi minacciano per farmi tacere. Ma io non posso tacere. Non posso restare in silenzio di fronte a quello che sta accadendo al mio popolo. Ci battiamo per le nostre terre, per la nostra acqua, per la nostra vita", ha spiegato Jakeline Romero a Global Witness. Jakeline è una attivista indigena colombiana che ha affrontato anni di minacce e intimidazioni per aver denunciato gli impatti devastanti della più grande miniera a cielo aperto del mondo, El Cerrejón. Di proprietà di imprese quotate e Londra, BHP Billiton e Anglo-american, il progetto è stato accusato di aver distrutto le falde acquifere e causato deportazioni di massa. Ma il management locale, come sempre accade in questi casi, ha negano gli impatti e accusato gli attivisti di violenze.

"Questi rapporti raccontano una storia molto triste. La battaglia per proteggere il pianeta si sta rapidamente intensificando e il costo si conta nel numero di vite umane sacrificate. Sempre più persone, in sempre più più paesi, sono state lasciate senza altra scelta che battersi contro il furto delle loro terre e la distruzione del loro ambiente. Troppo spesso vengono brutalmente messi a tacere dalle élite politiche e economiche, mentre gli la polizia e i finanziatori fanno finta d non vedere ", spiega Ben Leather, di Global Witness.

Quasi il 40% degli omicidi è ai danni di indigeni, poiché la terra che hanno abitato per generazioni è stata rubata da imprese, latifondisti o da consorzi statali. I progetti vengono imposti alle comunità senza chieder loro previo e informato consenso, e l'inizio dei lavori è accompagnato dal presidio di polizia ed esercito. Questi ultimi sono responsabili di almeno 43 omicidi. Le proteste sono spesso l'unica opzione rimasta alle comunità proteggere il loro ambiente. 

I principali risultati del rapporto sono:
• lo sfruttamento minerario è l’attività più cruenta,  con almeno 33 omicidi legati al settore. Omicidi legati allo sfruttamento del legname sono in crescita, passando da 15 a 23 nel giro di in un anno, e  23 sono gli omicidi legati a progetti agro-alimentari.
• il Brasile resta il paese più micidiale in termine di omicidi (49 omicidi);  il Nicaragua è al secondo posto (con 11 omicidi). L’ Honduras mantiene il suo status di luogo più pericoloso per abitante (in tutto 127 omicidi dal 2007).
• gli omicidi segno il massimo storico in Colombia (37), soprattutto nelle aree in precedenza sotto il controllo della guerriglia dove cresce la presenza di aziende estrattive e paramilitari. Le comunità che ritornano vengono ai loro villaggi vengono attaccate quando tentano di recuperare i loro terreni, abbandonati durante il conflitto.
• L'India ha visto triplicare gli omicidi a causa della brutalità della polizia e la repressione colpisce in molti casi proteste pacifiche. Il 2016 ha visto 16 omicidi legati a progetti minerari.
• La protezione dei parchi nazionali è sempre più rischiosa, con un gran numero di rangers uccisi in Africa. Si segnalano 9 omicidi di rangers nella Repubblica Democratica del Congo nel 2016.
• Il vorace settore minerario delle Filippine, primeggia in Asia, con 28 omicidi.
Il rapporto rileva la crescente criminalizzazione degli attivisti in tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti: sempre più spesso ambientalisti e difensori dei diritti delle comunità locali sono spesso presentati come criminali, e devono far fronte a pretestuose e aggressive cause legali o civili da parte di governi o aziende che cercano di metterli a tacere.
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